Questo saggio mira ad esaminare la teoria degli atti linguistici e la sua connessione con le strategie persuasive utilizzate nel discorso politico. La teoria degli atti linguistici elaborata da Austin e poi sviluppata da Searle si basa sul concetto che "dire qualcosa" implica il compimento simultaneo di tre atti distinti: un atto locutorio (consistente nella produzione dei suoni), un atto illocutorio (che specifica la forza con cui il parlante vuole che il ricevente recepisca il messaggio) e un atto perlocutorio (che riguarda gli effetti che le parole hanno sui sentimenti, pensieri e azioni dell'ascoltatore). Nell'ultimo capitolo del suo libro “Come fare cose con le parole", Austin è riuscito a categorizzare gli atti linguistici in cinque gruppi distinti: verdittivi, esercitativi, commissivi, comportativi ed espositivi. La base pragmatica posta da Austin nella sua teoria degli atti linguistici è stata ulteriormente sviluppata da John Searle che a sua volta ha elaborato una categorizzazione alternativa degli atti linguistici che comprende le cinque seguenti categorie distintive: rappresentativi, direttivi, commissivi, espressivi e dichiarativi.  Il presente saggio mira anche a sottolineare l'aspetto pragmatico del discorso politico. L'aspetto fondamentale del discorso politico è di natura pragmatica, poiché ha l'obiettivo di persuadere e di far credere attraverso “l'intenzione illocutiva", e di produrre degli effetti sui sentimenti, sui pensieri e sulle azioni degli ascoltatori attraverso “l'intenzione perlocutiva".  Alla luce degli atti linguistici commissivi, il presente saggio offre un'analisi della promessa, la strategia persuasiva usata da parte di tre politici italiani, quali Luigi Di Maio, Matteo Renzi e Matteo Salvini, durante la campagna elettorale delle elezioni del 2018.